Liberate Padre Dall'Oglio

Rai Sport sostiene l'appello di Papa Francesco

1438169530310_108476.jpgEra il 29 luglio del 2013 quando la notizia del sequestro di Padre Paolo Dall'Oglio in Siria fece il giro del mondo: voci e smentite si rincorrono da mesi sulla sua sorte e intanto sono già trascorsi due anni da quando le tracce del gesuita romano si sono perse a Raqqa, nel nord del paese oggi "capitale" dello Stato Islamico.

Sessant'anni, gesuita romano, per trent'anni e fino all'estate del 2013, Dall'Oglio ha vissuto e lavorato nel suo Paese d'adozione, la Siria, spendendosi in nome del dialogo islamo-cristiano. Con il recente rapimento di quattro lavoratori italiani in Libia è ora uno dei cinque connazionali sequestrati nel mondo. L'ultimo italiano a essere liberato, il 9 giugno scorso, è stato Ignazio Scaravilli, il medico catanese sequestrato anch'egli in Libia a gennaio. 

Nel corso dell'Angelus del 26 luglio, Papa Francesco da piazza San Pietro ha riportato il suo caso all'attenzione del pianeta rivolgendo un "accorato e pressante appello" alle "autorità locali e internazionali", "affinché venga presto restituita la libertà" a "questo stimato religioso". "Non posso dimenticare - ha proseguito il Papa - anche i Vescovi Ortodossi rapiti in Siria e tutte le altre persone che, nelle zone di conflitto, sono state sequestrate. Auspico il rinnovato impegno delle competenti autorità locali e internazionali, affinché a questi nostri fratelli venga presto restituita la libertà". Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha assicurato che l'impegno del governo italiano per ottenere la liberazione di lui e dei quattro tecnici rapiti in Libia resta massimo.

Noto per aver rifondato, in Siria, negli anni ottanta, la comunità monastica cattolico-siriaca Mar Musa (Monastero di san Mosè l'Abissino), a nord di Damasco, Dall'Oglio è stato per tre decenni animatore di questo che è diventato luogo di riferimento per il dialogo interreligioso e meta di migliaia di visitatori di varie religioni, con la benedizione di Assad e della Chiesa cattolica. Il suo attivismo nei mesi della rivolta gli ha causato l'ostracismo del governo siriano, che minacciò la sua espulsione durante la repressione dei moti di protesta cominciati in forma non violenta il 15 marzo 2011. Espulso per il suo impegno umanitario nel 2012, si è è trasferito a Sulaymanya, nel Kurdistan iracheno, animando la nuova fondazione monastica di Deir Maryam el Adhra.

In qualche modo la comunità riuscì a preservarsi come un'oasi di pace nei primi mesi di scontri tra lealisti e ribelli. Tuttavia, nel crescendo di violenze del conflitto siriano, anche il monastero venne attaccato da milizie armate (il Mukhabarat di Assad, secondo gli oppositori; i fondamentalisti, secondo Damasco) e padre Paolo, abbandonando un'impossibile neutralità, cominciò a criticare il regime per la brutale repressione del suo popolo. Prima gli venne imposto il silenzio, poi Dall'Oglio venne espulso nel 2012. Malgrado l'allontanamento, però, il gesuita tornò almeno una volta nei territori controllati dai ribelli nel nord del Paese, prima di sparire.

Il suo rientro in Siria, nel luglio 2013, era motivato dal desiderio di impegnarsi in difficili trattative per la liberazione di un gruppo di ostaggi a Raqqa. Mentre si trovava nella città per cercare di riappacificare i rapporti tra i gruppi curdi e i jihadisti arabi, intendendo pure trattare la liberazione del gruppo di ostaggi nella zona orientale del Paese, di Dall'Oglio si sono perse notizie. Il 29 luglio di due anni fa sarebbe stato rapito da un gruppo di estremisti islamici vicino ad Al Qaida. Da quel giorno sulla sua sorte, emergono notizie contraddittorie, mai confermate. Le informazioni circolate negli ultimi mesi lo davano per detenuto in una delle prigioni dell'Isis a Raqqa. Ma anche questa circostanza non ha trovato conferme. Ciclicamente fonti legate ai gruppi terroristici speculano sulla vicenda Dall'Oglio, comunicando che è vivo e che si trova recluso, nelle mani di un gruppo di ribelli piuttosto che di un altro.

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  • pubblicato29.07.2015
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