Guidare la "sua" Juve era il sogno da quando aveva iniziato la carriera di tecnico; riportarla immediatamente al vertice, dopo due settimi posti consecutivi, ha davvero il sapore dell'impresa. che si è realizzata questa sera a Trieste.
Conte ci è riuscito grazie a una cavalcata straordinaria quanto inaspettata, abbattendo record dopo record, portando fin dal primo giorno di ritiro una filosofia nuova quanto precisa nei concetti. al primo punto: lavoro, lavoro e ancora lavoro. "Non dimentichiamoci da dove arriviamo" ha ripetuto spesso.
Profilo basso, nessun proclama, cura maniacale dei particolari, massimo impegno in allenamento. Il lavoro in settimana, durissimo (non a caso viene definito "martello"), che diventa la base da cui trarre le scelte per la formazione della domenica. Per la partita che lui vive come un dodicesimo uomo in campo, arrivando alle interviste quasi sempre afono.
Conte ha innanzitutto ridato autostima e mentalità vincente, ha puntato sulle forti motivazioni e sulla voglia di rivincita di un gruppo depresso dopo due stagioni deludenti, sulla “fame” di vittoria dei suoi ragazzi, abituando i giocatori "a pensare con il noi e non con l'io". Si è affidato all'esperienza dei vari Buffon, Pirlo e Del Piero per far breccia e trasmettere la sua idea di calcio moderno. Tutti l'hanno seguito. Ha disinnescato potenziali problemi con il capitano, giunto all'epilogo dell'avventura in bianconero ma sempre osannato dai tifosi, con un rapporto trasparente. Alex è stato centellinato, ma il suo apporto è stato ugualmente decisivo.
Il vero capolavoro è stato ottenuto sul piano tattico. Conte aveva raggiunto le promozioni in A con Bari e Siena con il suo modulo prediletto il 4-2-4. Lo stesso con cui è iniziata l'avventura in bianconero per dare un'identità alla squadra. Poi, viste la rosa a disposizione e l'impossibilità di rinunciare a Vidal, è arrivata la trasformazione con il 4-1-4-1, evolutosi nel 4-3-3. E la mediana Pirlo-Vidal-Marchisio è stata l'architrave del successo. L'ultima frontiera è stata il 3-5-2, "il vestito che si adatta meglio alle caratteristiche dei giocatori", con il varo della difesa a tre.
Nessun integralismo tattico, dunque, come si paventava all'inizio. Al contrario, Conte ha creato una squadra organizzata, in cui tutti sanno che cosa fare, magari inferiore qualitativamente rispetto alla concorrenza, ma capace di interpretare a memoria più moduli e di adattarvisi anche a gara in corso.
E' la Juve, ma viene in mente un confronto col Barcellona. Bando alle esagerazioni, lo stesso tecnico non ha mai azzardato paragoni: semplicemente, Guardiola e il Barça sono stati, per sua stessa ammissione, un punto di riferimento per la filosofia di Conte. Ricerca continua del gioco (con l'azione che parte dai difensori) e del possesso palla, intensità, pressing e raddoppi costanti per riconquistarla, gli inserimenti in zona goal dei centrocampisti (Marchisio e Vidal devastanti).
Ingredienti di una macchina praticamente perfetta. Merito di Antonio Conte, il fuoriclasse della panchina e dello scudetto.