Prima della gara di Silverstone avevamo un dubbio: l’assenza di Rossi avrebbe potuto pesare sui suoi avversari. Ovvero senza il punto di riferimento, l’uomo da battere, Lorenzo, Pedrosa, Stoner potevano smarrirsi.
Le vittorie di gara la vittoria del mondiale non hanno lo stesso sapore, appaiono più modeste mancando l’uomo da battere. Un disorientamento che nei cavalli di razza produce spesso risultati bizzarri. E’ una sorta di solitudine improvvisa che pesa più delle sconfitte, più delle cadute, che deprime il talento, lo svuota. Pedrosa e Stoner oggi si sono smarriti, più del solito.
Invece Lorenzo, ancora lui, con una grande prova non solo ha vinto, risolvendo il nostro dubbio, ma ha convinto, dominando la gara dall’inizio alla fine, in perfetta solitudine. Non ha paura della solitudine, non ha paura di non misurarsi è conscio delle proprie capacità e questo gli basta. Prova di vero carattere, ora che l’onda emotiva per l’incidente di Rossi è superata, ed è divenuto uno dei tanti fatti che costellano la via del pilota, lui ha saputo ancora una volta reinterpretare se stesso.
L’evoluzione mentale di un campione passa anche da qui. Lo spagnolo ha effettuato un solo decisivo sorpasso su Pedrosa al primo giro e poi ha messo il mare tra sé e gli altri. Alla fine 6.7 secondi su Dovizioso, 7 su Spies, Hayden e Stoner, 14 secondi su Pedrosa, la dicono lunga sul come Lorenzo ha superato questo delicato momento in cui bisogna ritrovare tutta la fiducia in se stessi. Ci viene in mente quella canzone di Giorgio Gaber, “un’idea”:
Un'idea, un concetto, un'idea
finché resta un'idea è soltanto un'astrazione
se potessi mangiare un'idea
avrei fatto la mia rivoluzione
Lorenzo a Silverstone ha fagocitato l’idea di essere il più forte, di non aver paura della solitudine del campione di fronte al mondo che lo guarda e lo giudica.
Ha fatto la sua rivoluzione
[ foto di Mirco Lazzari ]
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