Il radiocronista che non vedeva le partite

Per tanti anni, chi commentò il baseball lo fece dal chiuso di uno studio. Senza immagini
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Pianeta America
31-08-2011

Il radiocronista che non vedeva le partite

Per tanti anni, chi commentò il baseball lo fece dal chiuso di uno studio. Senza immagini

    La battuta è talmente scontata che si potrebbe anche omettere. Presente quando si leggono certe cronache che risultano così diverse dalla memoria che noi abbiamo di esse da farci commentare "ma che partita ha visto questo???".

    Ecco, pensiamo alla carriera di Nat Allbright, radiocronista scomparso qualche giorno fa a 87 anni, e la boutade diventa realtà. Perché Allbright ha trasmesso nella sua carriera la radiocronaca di più di 1500 partite dei Brooklyn Dodgers, la grande squadra di baseball poi trasferitasi a Los Angeles, senza vederne nemmeno una. Non una!


    Come faceva? Semplice. Ai tempi in cui era troppo costoso trasmettere radiocronache oltre i confini cittadini - e a farle dal campo ci pensava, per i Dodgers, il duo Red Barber-Vin Scully - Allbright se ne stava chiuso nello studio radiofonico della WEAM di Arlington, in Virginia, a centinaia di chilometri dallo stadio, e attendeva che arrivasse sulla telescrivente la narrazione di ogni partita, lancio per lancio.


    Robe tipo "Valida di Jones che arriva in prima base!" o "Terzo strike, Johnson eliminato". Allbright, iniziando la sua radiocronaca una ventina di minuti dopo l'inizio reale - a quei tempi una differenza temporale così lieve non l'avvertiva nessuno - decorava i semplici e scarni resoconti di ogni lancio abbellendoli con descrizioni ambientali del tutto inventate e con rumori di fondo artificiali. Aveva un nastro registrato con boati e mormorii della folla, urla simulate dei venditori di hot dog e bibite, batteva una matita sul tavolo o faceva schioccare la lingua sul palato a simulare una battuta valida e quando la telescrivente riportava una sosta dovuta alla pioggia accartocciava con violenza un foglietto di cellophane a pochi centimetri dal microfono per simulare il tuono. Dunque, le azioni descritte si svolgevano realmente, ma tutto il resto era inventato di sana pianta, compresa la destinazione delle foul ball, la cui traiettoria veniva descritta casualmente con l'ausilio di fotografie dei vari stadi che erano appese alle pareti dello studio ("la pallina sfiora la recinzione vicino all'ingresso 8").


    Allbright non era l'unico, anzi in tanti facevano come lui: a Pittsburgh, Rosy Roswell con l'aiuto di alcuni amici rendeva ancora più colorite le radiocronache inventando espressioni curiose.
    Quando un giocatore effettuava un fuoricampo, urlava "corri di sopra, zia Minnie, e chiudi le persiane", seguito da un "oh no" accompagnato dal suono di viti e chiodi che un collega faceva cadere su un tavolo metallico, a simulare un vetro rotto dalla pallina. Al termine di ognuna di queste radiocronache Allbright e i suoi colleghi erano costretti dalla legge a specificare che si trattava di "ricostruzioni basate sulla realtà", ma nessuno ci faceva caso, e tra l'altro la pratica poteva avere conseguenze curiose e involontariamente truffaldine. Lo scrittore Willie Morris ricordò di avere messo in atto un trucco pietoso e disonesto ma efficace: potendo ascoltare a onde corte le dirette reali, scommetteva sulle azioni con amici che invece potevano solo ascoltare la "diretta-differita" a onde medie, e ovviamente vinceva sempre perché ne conosceva già l'esito. Applausi (e schiaffi).


    Potevano esserci situazioni critiche, ovviamente. Una volta la telescrivente cessò di funzionare e Allbright si inventò un rain delay, ovvero la sospensione temporanea dovuta a pioggia, anche se poi sui giornali del mattino successivo non ci fu ovviamente alcuna menzione di tale ritardo di gioco;
    e un'altra volta un suo collega, per giustificare un'eliminazione di cui non aveva dettagli, si inventò che il giocatore era stato eliminato perché colto fuori base dal pitcher. Peccato che all'ascolto, da casa, ci fosse il manager della squadra, influenzato, che subito spedì un telegramma allo stadio con la comunicazione di una multa per il giocatore che si era fatto eliminare. E che il giorno dopo dovette spiegare al suo allenatore che non era successo nulla di quel che aveva udito per radio.


    Tra i tanti "romanzieri" sportivi dell'epoca ci fu anche un giovanissimo Ronald Reagan, che vedete nella foto: appena uscito dal college, lavorò per la WHO di Des Moines, nell'Iowa, e fece le radiocronache di baseball (i Chicago Cubs) e football nella stessa maniera, cioè decorando in maniera creativa le scarne informazioni di base che gli arrivavano.


    Quando poi la tv e il ridotto costo delle comunicazioni da un capo all'altro degli USA resero inutile quel tipo di radiocronaca, Allbright e gli altri passarono a fare altro. Allbright fece soldi registrando su nastro - massì - radiocronache immaginarie commissionategli da vanitosi che volevano sentire il proprio nome inserito tra quelli dei grandi ("fuoricampo di Luigi Rossi!") o come vincitori della 500 Miglia di Indianapolis, e tornò in auge brevemente nel 1981 e nel 1982, quando in occasione dello sciopero del baseball e del football mandò in onda radiocronache immaginarie dell'All-Star Game e di partite dei Washington Redskins. Ma dai.

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