Il Milan esonera Inzaghi

Primo passo formale per arrivare alla firma con Mihajlovic

1433417029905_463183754.jpgUn anno dopo aver ricevuto l'investitura da allenatore del Milan quando Clarence Seedorf non era stato ancora esonerato, Filippo Inzaghi ha assistito a quella del suo successore, Sinisa Mihajlovic, prima ancora di ricevere il benservito, arrivato solo oggi, all'indomani della cena di Arcore con il serbo.

La società gli ha annunciato "che, con grande dispiacere, ci sarà un cambio di guida tecnica nella prossima stagione".

Formalmente non è ancora un esonero, ma è un addio e nei prossimi giorni si capirà come sarà formalizzato. Comunque la panchina non fa sconti nemmeno alle bandiere, come Inzaghi ha sperimentato in una delle stagioni più nere dell'epopea berlusconiana.

Senza fare una piega davanti alle critiche presidenziali ("La squadra era forte ma senza gioco") e al corteggiamento di Ancelotti, fino all'ultimo Inzaghi si è aggrappato al contratto in scadenza nel 2016 e alla sicurezza di poter "allenare al top nei prossimi 30 anni". Ma alla fine andrà via, dopo aver rischiato l'esonero almeno 5 volte durante un campionato chiuso al 10° posto, a 7 punti dalla zona Europa, col 7° attacco e la 10ª difesa, senza contare l'eliminazione ai quarti in coppa Italia e le figuracce varie anche in casa contro squadre che un tempo a San Siro speravano solo di evitare la goleada.

E' stato vano il tentativo dell'ex attaccante di ricostruire il dna milanista. Inzaghi ha commesso errori, ha pagato la propria inesperienza (tre espulsioni) ma nel caos societario ha fatto i conti con una squadra senza talento e personalità nelle vene. Così si è bruciato il secondo esordiente di fila sulla panchina rossonera, una scommessa ancor meno redditizia di quella su Seedorf (35 punti in 19 giornate).

 Eppure Inzaghi un anno fa viene promosso dalla Primavera alla prima squadra con la benedizione di Adriano Galliani, Barbara Berlusconi e soprattutto del presidente, di nuovo entusiasta e presente a Milanello. "Siamo un gradino sotto le prime tre", gongolava Galliani dopo un mercato estivo rivedibile, a parte Bonaventura. Basti pensare a Torres, smarrito in rossonero e rivitalizzato a Madrid.

"Siamo più forti della Roma", insiste a dicembre Berlusconi prima dell'inizio del declino, fra infortuni e nuove scelte di mercato economiche e sfortunate. Parte Niang, ignorato da Inzaghi e scatenato al Genoa. Arrivano Cerci e Destro che non lasciano il segno, mentre Menez, altalenante goleador (16 centri, 8 su rigore) compensa le croniche amnesie difensive e spesso manda in tilt l'attacco fra egoismi e nervosismi.

Riemergono le tradizionali deficienze sui corner degli avversari, a poco serve Gianni Vio, 'mago delle palle inattive'. "Non ho la bacchetta magica", si difende Inzaghi, e a metà dicembre frena gli entusiasmi pubblici di Berlusconi ("Sicuro di tornare in Champions"). Nonostante tutto il terzo posto è lontano solo 2 punti prima di Natale, quando a Inzaghi e Barbara Berlusconi tocca smentire le voci di un flirt.    

A Dubai l'amichevole di capodanno vinta con il Real vale sorrisi e ricavi commerciali, ma non aiuta la preparazione atletica. A inizio 2015 l'implosione: ko col Sassuolo in casa, pari col Torino, nuova debacle con l'Atalanta, preceduta dal pranzo a Milanello con Sacchi, e dalle voci di un possibile ruolo di tutor per l'ex ct.

"E' inaccettabile perdere con squadre che guadagnano cinque volte meno", si sfoga Berlusconi. Inizia la catena di infortuni a cui spesso si aggrapperanno Galliani e Inzaghi. Di sicuro pesano le lunghe assenze di De Sciglio ed El Shaarawy, ma l'allenatore fatica a gestire una rosa elefantiaca (30 giocatori). Giovani come Suso e Van Ginkel rimangono troppo a lungo ai margini, e dopo i primi passi falsi i malumori di chi gioca meno rompono la serenità riportato da Inzaghi in spogliatoio dopo un anno di turbolenze.

Il Milan "è da rianimare", ammette l'ex goleador, ma è lui che rischia il game over dopo l'eliminazione dalla coppa Italia a fine gennaio, dopo il pareggio con l'Empoli a metà febbraio, dopo il doppio pari con le veronesi a inizio marzo, il 25 aprile dopo il ko di Udine e quattro giorni più tardi dopo le debacle in casa con il Genoa, preceduta da un duro confronto fra Inzaghi e la squadra e un abbozzo di ritiro "a tempo indeterminato". Ormai il conto alla rovescia era scattato. 

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  • pubblicato04.06.2015
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